(Italia Oggi) Milano 12 marzo 2001. Nel recente caso deciso dal Tribunale di Roma - Genertel c. Crowe - si é inibito, in quanto confusorio, l'utilizzo del meta tag "GENERTEL" da parte del soggetto non titolare del marchio predetto. La decisione pare corretta e sostanzialmente in linea con quella statunitense che, già da tempo, si è dimostrata sensibile alle richieste di tutela dall'uso confusorio di "meta-tag" normalmente inibendo l'utilizzo confusorio del meta-tag da parte di terzi e ordinando ai motori di ricerca di reindicizzare in modo appropriato il meta tag in modo che questo corrisponda al titolare del marchio registrato (si vedano i seguenti casi: Insituform Technologies, Inc. v. National Envirotech Group LLC (E.D. La. Aug. 26, 1997); Oppedahl & Larson v. Advanced Concepts (D. Colo. Dec. 19, 1997); Playboy Enterprises, Inc. v. Calvin Designer Label, 985 F. Supp. 1218 (N.D. Cal. 1997) (temporary restraining order), injunction granted, 985 F. Supp. 1220 (1997); Playboy Enterprises, Inc. v. Welles (S.D. Cal. Apr. 21, 1998).
Con il termine "Meta-tag " - o metadati - si fa riferimento a quelle parole chiave, codificate nel linguaggio della rete - HTML o altro - e non visibili sulla pagina "web " (I "meta tag " diventano visibili solo se il "web browser " consente di visualizzare le pagine "web " in versione HTML. Ad esempio con Netscape Navigator ciò è possibile "cliccando" prima su "view " e poi su "document source "), che numerosi "motori di ricerca" (Yahoo e Infoseek, ad esempio) utilizzano per individuare ed indicizzare i vari siti presenti sulla rete. Attraverso i "Meta-tag ", dunque, il creatore di un sito, può descrivere il contenuto ed il servizio offerto dal sito medesimo e, ciò che è più importante, inserire parole chiave idonee a renderlo maggiormente visibile nelle ricerche tramite "search engine " .
Il fatto che un dato sito abbia nel proprio codice HTML il termine "ferrari", non significa necessariamente che lo stesso sia collegato con la ditta e il marchio Ferrari o che comunque venga trattato un tema ad essa relativo. Molto spesso, il nome o il marchio noto di un'impresa, viene inserito solo al fine di risultare molto più frequentemente nei risultati di ricerca dei vari "search engine ". Ad esempio, nel caso di cui sopra, il nome "ferrari" potrebbe essere utilizzato da un rivenditore di veicoli usati di marca diversa da quella ferrari, ovvero di autoradio ecc.
Quid iuris nel caso in cui il "meta-tag" sia identico o simile a un marchio registrato?
L'uso confusorio dei "meta-tag" può assumere rilievo sotto un duplice profilo, contraffazione di marchio e concorrenza sleale per attività confusoria e sfruttamento parassitario.
In particolare per quanto riguarda il primo profilo, pare indubbio, alla luce delle considerazioni sopra svolte, che i "meta tag", pur non visibili, svolgano una funzione identificativa a livello interno, in via indiretta idonea ad influenzare la scelta del consumatore utente. E' vero che il marchio o il nome altrui, non viene posto esternamente e quindi tecnicamente sembrerebbe non sussistere alcuna violazione; tuttavia, nel momento in cui l'utente ricorre ai motori di ricerca la funzione distintiva del "meta tag ", apparentemente inesistente, giunge ad esteriorizzarsi assumendo un evidente valore lesivo del diritto esclusivo di marchio ("invisible trademark infringement "): l'utente che esegue la ricerca del marchio o del nome "XXX" che vede comparire i siti "AAA", "BBB", "CCC", potrebbe essere indotto a ritenere che il suddetto marchio o nome, sia nella titolarità delle entità "AAA", "BBB", "CCC" e che i loro prodotti o servizi presentino le stesse caratteristiche qualitative che l'utente ricollega al marchio o nome ricercato(nell'esempio, "XXX").
Pertanto, nel momento in cui una data entità utilizza il marchio o il segno distintivo altrui all'interno dei "meta-tag ", al fine di individuare il proprio sito, e detta entità opera nello stesso settore merceologico in cui opera il titolare del segno utilizzato, potrebbe ricorrere un'ipotesi di violazione del diritto esclusivo di marchio ai sensi dell'art. 1, L.M. ; nel caso di segno distintivo dotato di rinomanza, la tutela si estenderebbe anche ai prodotti e servizi non affini.
Sotto il secondo profilo, la condotta sopra descritta, pare integrare concorrenza sleale per attivita' confusoria e per sfruttamento parassitario della notorieta' altrui (art. 2598, n. 1) e 3), c.c.). E' evidente, in vero, il rischio di confusione derivante da detto uso improprio del marchio (o nome) altrui: l'utente vedendo visualizzate dal motore di ricerca i vari indirizzi contenenti, all'interno dei meta tag, il marchio o il nome ricercato, e' portato a ritenere esistente un qualche collegamento tra le due imprese con rischio di sviamento ed evidente sfruttamento della notorieta' del marchio o del nome commerciale altrui.
In buona sostanza, nel caso di appropriazione ed uso del marchio o segno distintivo di un'impresa concorrente come "meta tag" proprio sussiste, pertanto, oltre ad un'ipotesi di contraffazione, anche un caso di concorrenza sleale per attivita' confusoria in applicazione dell'art. 2598, n. 1), c.c., in forza del quale compie atti di concorrenza sleale chiunque:
"usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attivita' di un concorrente";
e dell'art. 2598, n. 3), c.c., in forza del quale compie atti di concorrenza sleale chiunque chiunque:
"si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda".
Ricordiamo, inoltre, che la disciplina sulla concorrenza sleale surrichiamata sarà applicabile unicamente ai soggetti imprenditori titolari di segni confliggenti in rapporto di concorrenza tra loro.
Prof. Avv. Emilio Tosi
Professore Aggregato di Diritto Privato e Diritto delle Nuove Tecnologie
Università di Milano Bicocca
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